Fantasia di Bruno Munari – uno dei massimi protagonisti dell’arte, del design e della grafica del XX secolo – è un libro particolare, che si apre con una domanda: “e la creatività?”. Perché è importante e come possiamo impararla fin da bambini?
Uno studio sulla fantasia può sembrare a molti una impresa impossibile.
Per certe persone la fantasia è capriccio, bizzarria, stranezza. Per altri è finzione, nel senso di non realtà, voglia, estro, ubbìa.
Per certi contadini è il ballo popolare. Per altri è allucinazione, fisima, ghiribizzo. Può essere intesa come fantasticheria, come fantasmagoria, come ispirazione, come vena. Per i militari è un esercizio che si fa ogni tanto, diverso dalle Regole Rigorose normali.
Fantasia è anche irregolarità, fare a vanvera, a casaccio.
E poi, come se non bastasse, l’invenzione non è anche fantasia? E la fantasia non è anche invenzione? E come la mettiamo con l’immaginazione?
Una bugia è fantasia, invenzione o immaginazione?
Un inno alla creatività
Munari ha scritto un inno alla creatività e alla fantasia, un’opera di divulgazione e una guida alla cultura visuale in 32 brevi capitoli. Munari mostra, più che spiegare. E lo fa con uno stile umile e asciutto, che non toglie mai niente alla passione e alla poesia con cui guarda al mondo.
il mio è un tentativo per vedere se si può capire (e quindi spiegare) come funzionano queste facoltà umane. Se qualcuno ci pensa e mi corregge mi fa un grande favore. Grazie, così mi aiuta e aiuta tutti a capire meglio queste cose.
È Munari stesso, in una lezione, a raccontarci come è nato Fantasia. In giro per librerie in cerca di un testo sulla fantasia, ha scoperto che esisteva già qualcosa in proposito: la Grammatica della fantasia di Gianni Rodari, che però si occupava solo di letteratura.
Il libro parte dal presupposto che esistano delle costanti nella fantasia, e che sia utile cercare di capire e illustrare come nasce un’idea. Non solo perché le persone vogliono conoscere come funziona il mondo dell’arte, ma anche e soprattutto per indicare loro come allenare la mente alla creatività (e quindi aiutarle a sviluppare la propria personalità).
La fantasia di Munari nasce dalle relazioni
Secondo Munari, quello che creiamo con la fantasia nasce sempre dalle relazioni che instauriamo tra ciò che già conosciamo. Dal capitolo 6 al capitolo 17 riflette sui modi in cui mettiamo in rapporto tra loro gli elementi che ci circondano, per far nascere qualcosa di nuovo.
In Fuoco freddo / Ghiaccio bollente, racconta le fantasie nate dal capovolgimento, come nelle stampe che inventano un mondo alla rovescia.
Ne Il drago dalle sette teste, si sofferma sulla moltiplicazione delle parti, come nei disegni dei bambini o nelle statue delle divinità induiste, dove i corpi vengono “perfezionati” aggiungendo braccia, gambe, o teste.
In Una scimmia con i parafanghi, siamo nel campo delle relazioni per affinità visive, come nei dipinti dell’Arcimboldo, dove qualcosa diventa qualcos’altro grazie al confronto e al contesto.
In Un pane blu, ecco il cambio di colore, come nell’omonima opera di Man Ray, dove uno dei cibi per eccellenza perde il suo legame con la sfera alimentare e diventa qualcosa di diverso da sé perché dipinto di blu cobalto.
Con Un martello di sughero, Munari si inoltra nel cambio di materia, di cui è stato maestro Dalì con i suoi orologi molli.
Ne Il letto in piazza succede invece che sia il luogo a cambiare, come nei dipinti di De Chirico o nelle vecchie cartoline che immaginano come sarebbe Milano se ci fosse il mare.
Ed ecco Un paralume fatto con carta da musica: possiamo prendere una cosa che ha una specifica funzione e usarla per qualcos’altro. “Un bicchiere usato come portafiori, una bottiglia usata come sostegno per un paralume, una damigiana con una lampadina dentro usata come apparecchio di illuminazione, un lampione da carrozza usato come lampada da muro, un modellino di cesso usato come portacenere, un grande cappello messicano usato come decorazione appeso al muro…”.
Veniamo quindi al cambio di velocità. Il capitolo s’intitola Alla Ridolini, in onore del comico Larry Semon, che si muoveva in modo accelerato per suscitare il riso.
Ne Il fiammifero pop, Munari ragiona sul cambio di dimensione, dal gigantesco al minuscolo; dalla Pop Art, ai velieri in bottiglia; dai film di fantascienza, ai bonsai.
Con L’orribile mostro, ci parla della fusione di elementi diversi in un unico corpo. Avete presente i quadri di Bosch?
In Un formidabile sollevatore di pesi, Munari fantastica su quello che è pesante e che può diventare leggero, e su quello che è leggero e può diventare pesante. Mi ha fatto pensare a un dipinto di Kandinsky: Heavy between Light.
In Relazioni tra relazioni, infine, succede un po’ di tutto: ecco che appare “un gatto blu talmente leggero che ha bisogno di essere ancorato altrimenti vola”.
Quindi, cos’è la fantasia per Munari?
La fantasia è, più di ogni altra cosa, libertà:
è la facoltà più libera delle altre, essa infatti può anche non tener conto della realizzabilità o del funzionamento di ciò che ha pensato. È libera di pensare qualunque cosa, anche la più assurda, incredibile, impossibile.
Educare alla fantasia per crescere persone migliori
Dal capitolo 18, Munari scrive una sorta di manifesto sull’importanza di allenare la mente. Per essere creativi, bisogna essere flessibili e aperti agli stimoli. Un individuo immerso sin da bambino nella cultura progettuale è una persona migliore, perché può essere più utile alla collettività. In questo senso, educare alla creatività diventa una questione sociale.
la tradizione è la somma in continua mutazione dei valori oggettivi utili alla gente. Ripetere pedestramente un valore, senza fantasia vuol dire non continuare la tradizione ma fermarla, farla morire. La tradizione è la somma dei valori oggettivi della collettività e la collettività deve continuamente rinnovarsi se non vuol deperire.
Come insegnare ai bambini a essere liberi e creativi? Munari propone una serie di giochi e spunti da cui partire. Variare le dimensioni dei fogli su cui disegnare; fabbricare gli origami; proiettare materiali diversi per scoprine le trame; costruire qualcosa con pezzi di carta strappati; usare sezioni di vegetali come timbri (“rose nell’insalata”); creare un museo con oggetti trovati qua e là, inventando per ciascuno una storia interessante; partire da un oggetto e dai punti che compongono la sua figura (per esempio quella di una foglia) e unirli in modi sempre diversi per creare una serie di disegni potenzialmente infinita…
E alla fine, distruggete tutto!
I bambini fantasticano, inventano, creano, immaginano. Perché diventino bravi progettisti e bravi comunicatori visivi, devono innanzitutto poter conoscere bene lo strumento e la tecnica con cui giocano. E alla fine,
distruggere tutto e rifare per aggiornare continuamente e per non mitizzare il lavoro […] non è l’oggetto che va conservato ma il modo, il metodo … la mente deve essere pronta, libera ed elastica, non deve conservare nessun modello se non a scopo culturale e di studio.