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Le parole e il Coronavirus

La lingua si trasforma. Anche quella di ogni giorno. Nel mezzo di una situazione di emergenza in continua evoluzione, cambia ancor più rapidamente. E la comunicazione cerca di stare al passo con ciò che sta accadendo. Di fronte al Coronavirus, ci siamo trovati a ripensare il nostro vocabolario e il nostro modo di usare le parole.

All we have is words. All we have is worlds.

Parole che cambiano

Abbiamo fatto più attenzione a parole che già esistevano e che prima non ci dicevano nulla. Parole desuete o impiegate in altri contesti hanno ripreso vita; a volte con significati totalmente nuovi. Altre sono state temporaneamente messe da parte. Termini scientifici sono diventati d’uso comune e si sono trasformati in #trendingtopic su Twitter. Nel frattempo, “virus” e “virale” sono tornati al loro posto. Per spiegare cose che prima non conoscevamo, abbiamo inventato acronimi e neologismi. Per cercare di spiegarle ancora meglio, ci siamo affidati al linguaggio metaforico.

Come ha osservato la scrittrice Karen Russell per il New Yorker, nel suo articolo How the Coronavirus has infected our Vocabulary:

It seems like there is a parallel language contagion occurring. Self-isolation, social distancing, abundance of caution: pairs of words I’d never seen together in a sentence back in January have become ubiquitous. These phrases are travelling even faster than the virus, eye to mind, ear to mouth, disseminated by our iPhone screens and televisions.

Un turbinio di parole. Photo by Nathaniel Shuman on Unsplash.

Come Russell, tanti altri hanno riflettuto sulle parole dell’epidemia di Covid-19. Studiosi, giornalisti e creativi hanno compilato glossari, pubblicato articoli e proposto approfondimenti o nuovi progetti dedicati ai mutamenti linguistici in corso.

Glossari: il discorso sul Coronavirus

Per avere un quadro preciso del discorso che si va costruendo attorno al Coronavirus, è necessario conoscere con esattezza le parole di cui è fatto. Diversi istituti di ricerca hanno messo a disposizione dei glossari creati ad hoc. Il Dipartimento di Medicina di Yale, per esempio, ha pubblicato un breve vocabolario a cura dei propri esperti.

Nell’ambito del progetto #leparolevalgono, anche la Treccani, in collaborazione con l’ISS, ha redatto una lista di 20 parole per capire meglio il Coronavirus. Ogni definizione è accompagnata da immagini, gif e link di approfondimento. Da Curva epidemica (l’andamento di un’epidemia), a Droplet (l’emissione di secrezioni respiratorie e salivari in forma di goccioline, che rimangono sospese nell’aria).

Anche la casa editrice Laterza ha contribuito alla costruzione del discorso su Covid-19, con la pubblicazione (gratuita) di un Piccolo dizionario di ciò che sappiamo, a cura del medico Paolo Cornaglia Ferraris (di cui ho già parlato qui).

Neologismi e slang da Coronavirus

Per raccontare il Coronavirus sono state create nuove parole; mentre altre hanno cominciato ad avere nuovi significati o nuove sfumature. Alcune si sono diffuse a macchia d’olio, anche se fino a poco tempo fa quasi nessuno si ricordava della loro esistenza. I dizionari hanno registrato i cambiamenti in tempi record. Il Merriam-Webster, per esempio, ha stilato una lista di parole e concetti assolutamente o relativamente nuovi: New words from the COVID-19 pandemic, per aggiornare tempestivamente i propri lettori.

Anche l’Urban Dictionary (che raccoglie neologismi e slang in lingua inglese) ha prontamente pubblicato una serie di nuove voci legate al Coronavirus. Un esempio è l’ironica definizione di covid casual: “uno stile di vestiario estremamente rilassato, appropriato solo per chi lavora da casa durante una pandemia globale.”.

E per chi vuole conoscere meglio il gergo da Coronavirus, il 1843 Magazine propone una breve guida alle espressioni più utilizzate in diverse lingue e Paesi: Do you speak corona? A guide to covid-19 slang.

Un esempio? Il verbo olandese “hamsteren”: fare incetta di risorse alimentari, un po’ come i criceti (gli hamster, appunto). La parola ha avuto un gran successo nei Paesi Bassi e ha attraversato i confini nazionali, quando l’interprete di lingua dei segni Irma Sluis, durante una conferenza stampa del governo, ha imitato un criceto per tradurre il divieto di hamsteren.

Hamsteren: fare incetta di cibo


Le parole da proteggere in un tempo incerto

C’è chi invece si è concentrato su vecchie parole a cui siamo da sempre abituati, che in questo momento non percepiamo né viviamo più come prima.

Paolo Iabichino (direttore creativo) ha ideato un piccolo vocabolario dedicato a 21 “parole infette” – da Abbraccio, a Mani, a Vecchiaia – poi tradotte in immagini dall’illustratrice Dubhe. È scaricabile gratuitamente da qui.

La parola infetta “Vecchiaia”. Paolo Iabichino/Dubhe.

Nel frattempo, la Fondazione Circolo dei Lettori di Torino ha lanciato il progetto Dizionario dei tempi incerti, per riscoprire e ritrovare il senso delle parole, chiedendone una definizione a pensatrici e pensatori contemporanei.

Il Dizionario dei tempi incertiFondazione Circolo dei Lettori.

Così, in questo tempo incerto, (ri)scopriamo parole, sensazioni e risorse. Ricordandoci che, come scrive Luciano Canfora alla voce “lettura”:

In carcere, o in quarantena, lettura vuol dire risorsa, ma anche resistenza, e, alla fine, vittoria.

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